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Il conflitto tra fotovoltaico e terreni agricoli

È sempre più evidente che l’abbandono dei terreni agricoli è principalmente dovuto alla continua contrazione della redditività degli investimenti in agricoltura. Questo dimostra che il rilancio dell’agricoltura e la contestuale riduzione del tasso di abbandono, deve essere affrontato con un insieme di misure nuove che permetta di recuperare la redditività perduta.

Nello stesso tempo la necessità di vaste aree per l’installazione di impianti di sfruttamento delle energie rinnovabili, in particolare di impianti fotovoltaici, è in rapido aumento e gli spazi aperti, compresi quelli agricoli, sono terreni ideali per gli investimenti del settore.

Siamo davanti alla necessità di attivare un’ibridazione dei terreni sistematica ed adeguata alla tutela dell’ambiente, sia in termini agricoli che ambientali ed energetici.

Il decennio di politiche con forti incentivi, ora terminati, ha generato una forte domanda di “territorio”, che veniva pagato fino a € 5.000 per ettaro solo per i diritti di superficie. Una condizione economica che ha visto crescere esponenzialmente l’installazione di impianti fotovoltaici, con conseguente riduzione delle aree coltivate e l’affermasi di una progressiva diffidenza nei confronti del fotovoltaico che oggi si concretizza con una vera e propria opposizione in difesa del territorio.

Tuttavia, il problema dell’occupazione di aree agricole in favore del fotovoltaico è, nei fatti, un problema “virtuale” quando si confrontano i numeri. L’impatto del fotovoltaico nei prossimi dieci anni, anche supponendo che venga costruito interamente su terreni agricoli, sarebbe irrilevante:

• sulla base dei dati ISTAT circa 125 mila ha di terreno agricolo sono abbandonati ogni anno in Italia per problemi di abbassamento della redditività;

• se si costruissero i circa 30/35GW di fotovoltaico nuovo come previsto dal PNIEC al 2030, occorrerebbero circa 50 mila ha, meno della metà dell’abbandono annuale dall’agricoltura. 

È evidente che sia meglio utilizzare superfici diverse dai terreni agricoli, ma tutti gli operatori “energetici” e i decisori politici sanno che gli ambiziosi obiettivi del PNIEC al 2030 non si potranno raggiungere senza una consistente quota di nuova potenza fotovoltaica costruita su terreni agricoli. La cosiddetta “generazione distribuita” non potrà fare a meno, per molti motivi, d’impianti “utility scale” in grado di fornire alla rete elettrica i giga di potenza necessari.

Perché ciò sia possibile, è necessario che siano adottati nuovi criteri di progettazione degli impianti e metodi di gestione diversi dal passato e innovativi: nuovi rapporti tra proprietari terrieri/agricoltori, nuovi rapporti economici e nuove tecnologie emergenti nel settore agricolo e fotovoltaico in grado di raccogliere il consenso di tutte le parti coinvolte, Autorità locali, organizzazioni agricole, imprese agricole e imprese energetiche.

Nel dicembre 2020 è stato segnato un importante passo avanti con il protocollo d’intesa firmato tra Elettricità Futura e Confagricoltura. Le due Associazioni lavoreranno insieme nella definizione di specifiche linee di azione su temi cruciali quali l’individuazione dei modelli più idonei per i progetti di “Agrivoltaico” nonché l’efficientamento energetico delle aziende agricole anche attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici su edifici rurali.

Leggi il comunicato stampa ufficiale.

PNIEC Green Deal

Per prima cosa è necessario che l’approccio al progetto parta essenzialmente dalle esigenze del mondo agricolo, ribaltando totalmente l’approccio del passato, quando erano in vigore gli incentivi, con l’applicazione di tecniche e metodi che sono propri del nuovo settore agrivoltaico.